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CONDONO POSSIBILE ANCHE PER L’IMU «SPERIMENTALE»

Il principio di diritto secondo cui i Comuni non sono legittimati a deliberare per i tributi propri il condono sine die, come recentemente riaffermato dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12679 del 20 luglio 2012, pone l’interrogativo sull’applicabilità o meno della sanatoria ai fini dell’IMU, sia “sperimentale sia “a regime”.

Come si ricorderà la Finanziaria 2003 ha previsto la definizione agevolata per i tributi propri di Comuni e Province, oltre che regionali. In particolare, il comma 1 ha attribuito a tali enti territoriali la facoltà, con riferimento ai “tributi propri”, come definiti dal successivo comma 3, di ridurre gli importi delle imposte e tasse loro dovute, nonché di escludere o ridurre i relativi interessi e sanzioni. I contribuenti interessati ai benefici sono quelli che in precedenza non hanno osservato, in tutto o in parte, gli obblighi tributari.

Tuttavia, il trattamento di favore diviene operativo solo se l’ente territoriale delibera, nelle forme stabilite dalla legislazione vigente, per l’adozione di propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi. Quindi, con legge per le Regioni e con regolamenti per gli enti locali . Per le Regioni a statuto speciale (Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta) e per le Province autonome di Trento e di Bolzano l’attuazione del condono o sanatoria va effettuata in conformità e compatibilmente con le forme e condizioni di speciale autonomia previste dai rispettivi statuti (comma 4).

Il trattamento di favore va approvato o deliberato entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a 60 giorni dalla data di pubblicazione dell’atto; in questo lasso di tempo, i contribuenti possono regolarizzare le proprie violazioni. In buona sostanza, la previsione attribuisce ai citati enti territoriali sia la decisione di valutare l’opportunità di concedere la definizione agevolata, sia la determinazione della misura dei benefici. Ai sensi del comma 2, le medesime agevolazioni possono essere sancite anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale. In tali casi, oltre agli eventuali altri effetti previsti dalla Regione o dall’ente locale in relazione ai propri procedimenti amministrativi, la richiesta del contribuente di avvalersi delle agevolazioni comporta la sospensione, su istanza di parte, del procedimento giurisdizionale, in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente, sino al termine stabilito dalla Regione o dall’ente locale. Il completo adempimento degli obblighi tributari, invece, secondo quanto stabilito dall’ente territoriale, determina l’estinzione del giudizio.

Inoltre, il comma 3 contiene una definizione, valida soltanto per la definizione agevolata in esame, di “tributi propri” degli enti territoriali. Più precisamente per tributi propri devono intendersi i tributi la cui “titolarità giuridica” e il cui “gettito” siano integralmente attribuiti ai richiamati enti (ICI, ICIAP, TARSU, TOSAP, tasse automobilistiche), con esclusione delle compartecipazioni e addizionali a tributi erariali (ad esempio, l’IRPEF), nonché delle mere attribuzioni agli enti stessi del gettito (totale o parziale) di tributi erariali (ad esempio, l’IRAP). Con riferimento all’IMU, è probabile che l’imposta “sperimentale” possa (per obbligo o opportunità) rientrare nel novero dei tributi condonabili, mentre sembra pacifica l’estensione all’imposta “a regime”.

I Comuni non possono ricorrere a “condoni a catena”

Infine, non è superfluo segnalare che una definizione agevolata dei tributi locali era stata già presa in considerazione dal Legislatore, sia pure in ordine a specifiche fattispecie. L’art. 31, comma 27, della L. n. 448/1998, infatti, aveva consentito a Comuni e Province, per i rapporti non conclusi concernenti la TOSAP, sia di determinare criteri e modalità di definizione agevolata, sia di disporre con propria deliberazione, anche con effetto retroattivo, le agevolazioni previste dall’art. 17, comma 63, della L. n. 127/1997 (cosiddetta “Bassanini-bis”). I giudici del Palazzaccio hanno dunque riaffermato, tra l’altro, che l’art. 13 della L. n. 289/2002 ha attribuito agli enti locali una “potestà oggettivamente limitata” all’attuazione dello specifico condono ivi previsto; non legittimava quindi l’assunzione di “condoni a catena” in ordine agli obblighi tributari e alle liti pendenti, come deliberato dal Comune di Roma (sentenze n. 11974 del 13 luglio 2012 e n. 10787 del 28 giugno 2012). Secondo gli Ermellini, dunque, il Comune di Roma non poteva esercitare più volte la facoltà di stabilire condoni sui tributi propri, per cui le delibere successive alla prima sono illegittime (sentenza n. 12679 del 20 luglio 2012).

fonte: Eutekne

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